Per qualità simbolica il cerchio è, probabilmente, la forma storicamente più divulgata, quella a più alto tasso di significato emblematico, sempre oscillante tra movimento e statica immutabilità.
Lavorare su questa forma, apparentemente semplice e di grande energia latente, è una sfida tesa alla ricerca di ulteriori significati nascosti in una storia infinita di forme, che vanno da primigenie e ancestrali immagini a configurazioni futuribili.
La ricerca di Maria Pia Daidone è dunque una sfida; rappresenta una azione di forte emotività, quasi provocatoria nei confronti di una forma sovrastorica, di un perenne archetipo. Il cerchio, inizialmente, è posto in rapporto congruente con il formato quadrato della tela: è appena l’avvio del sondaggio, acuto e penetrante, che porta a nuove misurazioni dello spazio, a dilatazioni eccentriche.
Il passo successivo appare come una sorta di tendenza cinetica che spezza e trasforma l’invariabilità della forma circolare, attraverso soprattutto proiezioni gestuali che graffiscono il colore, aggiungendo altri centrifughi cromatismi. S’instaura così una dualità tra interno ed esterno, tra dentro e fuori il cerchio: una particolarissima condizione di campo, stimolante. Così si spezza la metafisica insularità della forma curvilinea tutta chiusa e racchiusa in se stessa. Ecco il gesto dirompente e fortemente produttivo, segnato da colori puri e smaglianti o da essenziali bicromie.
La serie dei bozzetti di piccolo formato dà conto delle mille vivaci declinazioni che segno e colore simultaneamente realizzano, attaccando il nucleo concettuale della forma circolare, rinnovata in un continuo, dinamico divenire. È forse questo il significato più rilevante della ricerca di Maria Pia Daidone che appare vitale correlazione di quelle “energie affatto primarie della figurazione” a lungo indagate da Paul Klee.
Napoli, settembre ’97
Franco Lista